gennaio, 2006

il cliente non ci può vedere

il cliente non ci può vedere

1) Introduzione

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Il fatto che il cliente non ci possa vedere e che noi non possiamo vedere lui, crea, o può creare, delle difficoltà nel processo di comunicazione. Va detto che se è vero che i volti di chi comunica al telefono non sono reciprocamente visibili, è altrettanto vero che tutto ciò che trasmettiamo attraverso la nostra mimica facciale ed attraverso lo sguardo (si usa spesso dire che gli occhi sono lo specchio dell’anima), in ogni momento, e sottolineo in ogni momento, della relazione, e cioè sentimenti come: 

  • gioia 
  • tristezza 
  • collera 
  • serenità 
  • irritazione 
  • bonarietà
  • desiderio
  • etc. 

non possono, in effetti, essere inviati così come in una conversazione di tipofaccia a faccia. 

Peraltro, riflettendo su questa carenza, possiamo notare come spesso, quando parliamo al telefono, magari, amplifichiamo la nostra gestualità e la nostra mimica. 

Un segreto conosciuto da molti operatori è il legame, molto profondo, che unisce lo sguardo al sorriso. 

Sostituendo, cioè, alla mancanza della visione del nostro volto, una voce sorridente potremo, in gran parte, immunizzare questa carenza. 

2) ma quanti muscoli ha la faccia? L’importanza del sorriso

Lo sapevate che quando ci atteggiamo al sorriso i 12 muscoli facciali impegnati condizioneranno anche la nostra VOCE allo stesso senso? 

E lo sapevate che un viso imbronciato richiede l’impegno di 65 muscoli, e che la voce che ne consegue trasmetterà al nostro interlocutore esattamente questo nostro stato emotivo? 

E chi è che ha voglia di parlare con una persona imbronciata? 

Nessuno, io no e sono certo nemmeno voi! :-( 

Di contro, la buona notizia è che:

il sorriso s’intuisce anche al telefono ;-) ) 

Questa consapevolezza deve rivestire, d’ora in poi, un’ importanza fondamentale in ciascuno di noi. 

3) il telefono è una lente d’ingrandimento

Un altro trucco è quello di trasformare il volto sconosciuto di chi vi ha chiamato o di chi chiamate, in quello del nostro cliente.

Questo ci aiuterà a disporci psicologicamente meglio nei suoi confronti.

Quando affrontiamo una relazione telefonica affrontiamo una esperienza molto diversa da una relazione fisica.

Noi non ci riflettiamo quasi più all’ennesima telefonata che ci arriva, ma se invece ci pensiamo un attimo, capiremo che la gestione di questa esperienza, deve essere sempre supportata da abilità particolari, che bisogna conoscere molto bene, per poterle applicare sempre.

Il nostro compito è quello, ad esempio, di rassicurare sempre il cliente che ha deciso di chiamare il call center.

Immaginate la relazione telefonica come una lente d’ingrandimento di ogni discorso, proprio perché non ci sono figure da vedere, visi da guardare, oggetti da toccare, ma tutto, invece, si concentra sulla voce che si percepisce e sui messaggi che da questa ci giungono, così che è più facile ricordare assai di più questi, che la persona con la quale abbiamo parlato.

Dobbiamo costantemente riflettere sul fatto che in una relazione di tipo “voce a voce” è possibile comunque percepire  ugualmente tutte le sensazioni tipiche che si possono cogliere in una conversazione di tipo “faccia a faccia”.

Concentrate, adesso, la vostra attenzione al momento in cui il cliente ci chiama.

4) esigenza e bisogno latente - i momenti della verità

Quando un cliente decide di chiamare il call center, ha sempre una precisa motivazione (esigenza) che si basa sulla volontà (almeno all’inizio) di voler comunicare qualcosa NON a QUALCUNO, ma ad un ENTE che voi rappresentate fino al punto che, nel suo immaginario, voi in quel momento non siete solo Roberto e Paola, no, siete soprattutto l’azienda per la quale lavorate.

E’ per questo che un consulente molto famoso che si chiama Richard Normann definì questi momenti (quelli cioè quando un cliente entra in relazione con la front-line di un azienda), i momenti della verità.

Perchè la percezione che il cliente avrà in questi momenti, crea, in lui, l’idea della qualità del servizio che, in generale, quell’azienda è effettivamente in grado di erogare.

Se ci caliamo, un attimo, in questa prospettiva, chi opera al call center con consapevolezza, deve riuscire, in ogni telefonata a risalire esattamente a questa volontà primaria del cliente, che spesso si cela in parole non sempre appropriate e precise.

Questo perché il cliente: 

  • non è sempre competente sulla nostra offerta
  • non conosce i nomi esatti dei nostri prodotti
  • non usa tutte le definizioni che noi, in azienda, siamo abituati ad utilizzare quotidianamente
  • spesso è agitato (ehm .. o peggio), e l’ansia, si sa, non aiuta la comunicazione

però, quando chiama noi, è sempre per una esigenza che è sempre agganciata ad un bisogno (alle volte latente) non ancora pianamente soddisfatto dall’azienda che noi rappresentiamo. 

Insomma l’operatore eccellente deve sforzarsi di corrispondere, sempre, in maniera esauriente, alle aspettative di chi ci chiama dimostrandosi una persona che:

  • non ha idee preconcette 
  • è in possesso di una sensibilità flesibile a geometria variabile 
  • è capace cioè di cogliere ogni singola componente del problema del cliente

5) operatore “modello” vs. operatore “empirico”

L’operatore eccellente, diciamo “modello”, che vive dentro ognuno di noi, è, fino al momento che precede il vero e proprio contatto, un’immagine, una parvenza, che dovrà corrispondere a quella dell’operatore “effettivo” e cioè colui che risponde sempre con competenza. 

A fianco dell’operatore che abbiamo definito “modello” si pone normalmente l’operatore “empirico”, cioè colui che realmente agisce la relazione telefonica e che deve tentare di costringere se stesso ad adeguarsi all’operatore “modello” per riuscire nella maieutica arte di comprendere l’esigenza e, ancora meglio, i bisogni latenti del cliente.

(es. mi lamento di un mancato rimborso esigenza, mentre invece vorrei cambiare profilo tariffario bisogno latente).

Tuttavia l’agire dell’operatore “effettivo” e la sua comunicazione, saranno mediati dal confronto, inevitabile E ARRIVO A DIRE NECESSARIO, con i codici e le competenze presenti nella comunicazione e nei messaggi del cliente. 

Il rischio che si corre in questo confronto di codici, in parte differenti, è quello d’interpretare in maniera soggettiva e, parzialmente, o completamente, differente le intenzioni comunicative del cliente. 

6) come immunizzare i limiti della relazione telefonica

Come fare allora mi direte voi?

Il segreto, in questa dinamica, è sempre quello più antico del mondo. 

Avvicinarsi il più possibile all’immagine che il cliente si è fatto di noi, ovvero aprirsi ad ascoltare le sue motivazioni sia a livello cognitivo che a livello emotivo. 

Dobbiamo, cioè, paradossalmente, sfruttare tutte le opportunità che l’assenza del contatto visivo  ci offre.

La comunicazione in assenza visiva, infatti, amplifica molte altre percezioni, così che gli aspetti della meta-comunicazione assumono maggiore valenza.

Dovremo quindi prestare la massima attenzione al tono della voce del nostro interlocutore, il suo orientamento ad ascoltare piuttosto che a parlare, alla quella che ci sembra essere la sua sincerità, a segnali come il suo respiro (un cliente agitato respira più affannosamente), alle incertezze, alle trepidazioni ecc. 

Un’altra rilevante limitazione della comunicazione telefonica è l’impossibilità di valutare la situazione prossemica, di valutare cioè i gesti ed i movimenti del nostro interlocutore che invece nella relazione di tipo “faccia a faccia” sostengono e colorano la comunicazione. 

Questo tipo di comunicazione (la comunicazione prossemica) può essere sostituito, nella relazione telefonica, da: 

  • le parole che userete (cercate di essere esatti, precisi) 
  • dal registro linguistico utilizzato (cercate un linguaggio facilmente comprensibile) 
  • dal livello della vostra lingua (non è offensivo dirsi queste cose, credetemi) 
  • dalla musicalità della vostra voce
  • dalla dizione. 

Lo so che pensate che sono ancore accademiche, teoriche, e che vorreste dirmi: Roberto, ma vieni tu a farti un turno il lunedì mattina qui al call center”. 

Eppure, vi assicuro, che se mai dovessi decidere di fare questa esperienza, io cercherei di applicare esattamente queste ancore. 

L’assenza di gesti può essere addirittura peggiorata: 

  • un ritardo nel rispondere 
  • un improvviso cambiamento di tono 
  • una esitazione 

sono tutti segnali minimi in una relazione di tipo “faccia a faccia, ma che, in quella telefonica, vengono tutti, immediatamente, percepiti ed amplificati. 

7) come sfruttare al massimo la nostra arma: la VOCE

Prendiamo l’elemento base del parlare: LA VOCE.

Quanti sono i modi con i quali chi ci ascolta può giudicare la nostra voce?

Vediamone subito alcuni e domandiamoci:

  • quale può essere l’effetto sul nostro interlocutore?
  • e su di noi?

Pronti?

Allora:

acuta, debole, esile, fioca, forte, grave, profonda, robusta, tenue, viva, chiara, argentina, chiara, cristallina, rauca, sommessa, squillante, stridula,  stentorea, allegra, mesta, carezzevole, commossa, dolce, suadente, sgarbata, sorridente, fredda, stizzosa, gutturale, nasale.

Ed in quanti modi possiamo utilizzare la nostra voce?

Pronti?

  • con un filo di voce, fioca, appena percettibile
  • essere afono, non riuscire cioè a mandare via la voce
  • gridare con quanta voce abbiamo in corpo, urlando a squarciagola con tutta l’energia che abbiamo
  • cambiare voce, mutandone il timbro, gridando magari talmente forte che il nostro interlocutore non riesce nemmeno a capire le parole per controbattere quello che stiamo dicendo
  • fare la voce grossa per fare valere la nostra autorità 

Insomma, quello che cerco di dire, è che dobbiamo, nella relazione telefonica, prestare la massima attenzione alla voce del cliente ed, ancora di più, a come utilizziamo la nostra.

Ricordiamoci che ogni comunicazione ha in se il potere di generare un cambiamento nella relazione tra emittente e ricevente.

Ogni dissonanza  rispetto agli obiettivi ed alle motivazioni del cliente può essere anche motivo di interruzione del suo rapporto con noi, e compromettere ogni futura relazione.

8) la gestione del tempo

La conversazione telefonica è sempre limitata dal tempo.

Acc. Che ho detto.

Il telefono può diventare un costo se lo strumento non viene adeguatamente sfruttato.

Anche se il costo della telefonata è gratuito, così non è il tempo del nostro interlocutore, e per quello che attiene alla nostra singola conversazione con lui. 

Il tempo, in un call center, è una risorsa economica.

Inoltre, e chiudo, la percezione che del tempo ha chi telefona è diversa.

Perché questo tipo di strumento è vissuto come un vincolo che impone la precedenza su ogni altro evento, accelerando le nostre operatività.

Il dialogo diventa più serrato e si corre spesso il rischio di perdere elementi significativi di ciò che ascoltiamo, o, peggio, di ciò che intendiamo dire.

Ma il professionista della comunicazione telefonica sa che solo attraverso un ascolto attento, attivo, come si dice in gergo, si evita il rischio di perdere elementi preziosi e sa, per questo, applicare un attenta gestione delle domande, per essere certo che l’interlocutore abbia detto tutto ciò che ci deve dire, o meglio che aveva nella sua motivazione primaria, intenzione di dire.

Ma questo è l’argomento del prossimo post sulla comunicazione telefonica:

ASCOLTARE ATTIVAMENTE IL CLIENTE.

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Blog e conoscenza o Blog è conoscenza

Blog e conoscenza o Blog è conoscenza

diario on line

Il blog in un contesto di apprendimento, possibili argomenti in favore di.

Desidero condividere, con questo post, una prospettiva sulla quale si riflette poco.

E cioè sul legame tra questo strumento di comunicazione, il blog, e l’apprendimento

Intendo, con questo post, allargare il campo d’indagine gia delineato da studiosi del tema come Cory Doctorow, Curt Bonk, negli U.S.A., e da Duccio Demetrio,  in Italia

Prendiamo l’esempio di un blog che si rivolge ad una comunità virtuale ben individuata e perimetrata. 

Io bloggo, ad esempio sul cinema, ma la cosa vale per qualunque comunità. 

Noi ne stiamo, ad esempio, aprendo uno per uno dei più grandi call e contact center italiani.

Quando un blog si è rivolto ad una comunità virtuale bene individuata, è ormai scientificamente accertato che la valenza espressiva e comunicativa di questa nuova forma, sia individuale che collettiva, di pubblicazione di contenuti in internet, (ma il ragionamento vale, forse, addirittura aumentato, in un’intranet), ha facilitato l’insorgere spontaneo di legami tra esperti del campo che, in tempo reale, attraverso modalità di scrittura immediate e informali, (che richiedono quindi poco tempo, aspetto non trascurabile in internet, ma assolutamente irrinunciabile in una intranet tout court, ed in un’intranet di un call center a maggior ragione), rendendo pubbliche idee, avviando dibattiti, seguendo poi gli sviluppi della dicussione, stimolando la produzione di materiali, generando occasioni di crescita professionale, dando vita ad un vero e proprio circolo virtuoso di lettura/scrittura che si è autoalimenta grazie all’inevitabile attrazione, in quella gravità, di “altre menti” (Personal Knowledge publishing and its uses in research, Seb Parquet). 

Casi di successo in internet in Italia in questa direzione sono rappresentati dal blog Intranet Management di

Giacomo Mason, o da quello del blog di Mestiere di scrivere di Luisa Carrada. Entrambi tali autori poi hanno anche un sito, ma questa è una considerazione ulteriore che in questa sede non sarà oggetto di ulteriori approfondimenti.

Dall’altro, l’uso dello strumento ha orientato una riflessione sulle potenzialità meta-cognitive insite nelle attività di scrittura e rilettura dei diari on line, al punto che se ne è cominciata a valutare e promuovere l’integrazione all’interno dei processi di apprendimento. Suggestione che già da tempo in più di una discussione con i miei collaboratori ha formato oggetto di considerazioni.

Perchè, in primo luogo, l’impiego del blog contribuisce allo sviluppo di una meta-competenza comunicativa, essendo uno spazio di espressione personale destinato a catturare l’interesse dei lettori, la cui partecipazione immaginativa completa il senso della comunicazione. 

Soprattutto se tale strumento s’inserisce in un contesto formativo articolato e mirato su di un target di risorse che ha già fatto uso di metodologie di e-learning, e che ha già sperimentato anche più di una generazione di metodi di e di strumenti d’apprendimento basati sull’utilizzo del web.

Il blogger o, meglio, colui che pubblica i contenuti nel blog, si esprime ricercando, più o meno consciamente, attenzione e ne riceve sia per ciò che scrive, sia per lo stile e la capacità di coerenza e sintesi nell’esposizione del messaggio.

Il Blog, inoltre, essendo la traccia visibile della concatenazione temporale e logica degli interventi del suo autore, è un’occasione per ripercorrere il threed degli elaborati, risalendo alla genesi delle proprie idee e seguendone l’evoluzione

Io, ad esempio, mi diverto spesso, a leggere i primi post di certi blog, non so voi, per poi seguirne l’evoluzione, la crescita, gli aggiustamenti della strategia comunicativa. Mai come nel blog, la metafora della navigazione acquista una significanza assai più che solo allegorica.

Come sostiene Duccio Demetrio (ordinario di Filosofia dell’educazione all’Università di Milano-Bicocca e autore di testi sul ruolo formativo dei diari), la scrittura diaristica aiuta a fare chiarezza dentro di sé, perché induce a riflettere sul proprio mondo interiore, rende più ordinati e precisi i pensieri. 

In tal senso, il diario di un’esperienza formativa può rappresentare, parafrasando Cory Doctorow scrittore americano di vari saggi sul mondo dei blog, tra cui “My blog, My Outboard Brain”, e coordinatore del Electronic Frontier Foundation), la “mente portatile”, lo storico del percorso cui attingere per organizzare, rielaborare e consolidare progressivamente le conoscenze apprese

La condivisione delle “menti”, la circolarità di contributi non strutturati all’interno del processo di apprendimento, agisce sulla motivazione, stimolando la ricerca d’informazioni attuali e la produzione di materiali interessanti da pubblicare. 

Il monitoraggio costante delle azioni e delle interazioni, sempre attraverso l’uso dello strumento (magari un blog di blog o meta-blog), consente di dare risalto sia alla dimensione individuale sia all’esperienza collettiva, sollecitando scambi, rilanciando e animando dibattiti, inducendo approfondimenti, ampliando orizzonti, ma soprattutto permette di valutare in progress il livello di apprendimento e di gradimento dell’intervento formativo, individuando criticità emerse e attuando eventuali azioni di miglioramento.

Io, ad esempio, in questa direzione, ho aderito a diverse forme di aggregazione come Blog Aggragator 3.3, Cineblogger Connection, questo blog, quello di Pino Scaccia blogfriends, Tocqueville - la città dei liberi, proprio per sperimentare queste meta dimensioni

Inoltre nella esperienza intranet che stiamo per lanciare l’idea è quella di abilitare ai post gradualmente l’intera comunità virtuale (oltre 6000 persone), valutando all’inizio centralmente la significatività dei contributi e definendo quindi dei rank anche in funzione degli accessi al singolo post ed alla rilevanza che la comunità avrà attribuito allo stesso. 

Il blog diventa così una selezionata “memoria o conoscenza aumentata” di una comunità di apprendimento in cui un’attiva partecipazione genera valore, in termini di attenzione, confronto, crescita tra singoli, che possono instaurare e mantenere nel tempo relazioni significative, dando vita a micro-sistemi reticolari interconnessi che popolano la galassia Internet o Intranet. 

Se è vero quanto affermato da Curt Bonk, professore dell’Indiana University e Presidente di SurveyShare, “Il 2005 è stato l’anno delle opzioni b-learning: blogs, blends, boards… and beyond", e la nuova frontiera dell’apprendimento on line sarà rappresentata dal ricorso ad ogni forma di “social software”, che integrerà alle oramai note modalità di interazione e produzione collettiva (forum, e-mail, chat, newsgroup, …) i nuovi strumenti/servizi della comunicazione digitale peer-to-peer (scrittura collaborativa, instant messaging, wiki, …). 

In questo senso io ho personalmente sperimentato, in internet ma anche in intranet, la cooperazione dell’instant messaging, ed alcune componenti grafiche del mio blog le ho fatte realizzare da altre blogger più brave di me, che mi hanno inviato i loro contributi tramite questi strumenti, e tramite questi strumenti li abbiamo, gradualmente, condivisi fino alla forma che appagava il senso estetico di entrambi e coglieva l’obiettivo della mia comunicazione. Vedere l’header del mio blog cinemavitodame ad esempio. Ma anche con l’itranet sono riuscito, ad esempio, con il mio collaboratore a Milano, a condividere tutte le fasi di montaggio digitale di video associati all’elearning multimediale.

Noi abbiamo deciso di sperimentare questo strumento nel nostro call center. Il viaggio sta per partire. Daremo evidenza, in questo spazio, dell’applicazione di questa innovativa esperienza, borderline tra formazione e comunicazione, in un’azienda di grandi dimensioni.

La mia aspirazione, aldilà dei modelli, è quella di sperimentare l’applicazione di questa, ulteriore, soluzione, inserendola innanzitutto in un contesto di apprendimento di Strategic Learning Organization  (torneremo su questa definizione) già sviluppato, e gia’ - da oltre quattro anni - utilizzatore di soluzioni di elearning, anche multimediale, e di social software, destinato ad una vastissima comunità professionale che coinvolge diverse figure professionali, con focalizzazioni tanto articolate e differenti, quanto complementari tra loro, per abilitare, in maniera destrutturata, un’interazione/integrazione.

Naturalmente, l’impiego della tecnologia risulterà efficace e potrà apportare innovazione e miglioramento ai modelli di apprendimento, se e solo se, riusciremo a supportare tale utilizzo con metodologie che devono, adeguatamente, ed inevitabilmente sostenere la costruzione collaborativa della conoscenza, al fine di generare e diffondere una cultura della condivisione dei saperi.

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Telefonare è facile. Comunicare - al telefono - meno.

Telefonare è facile. Comunicare – al telefono – meno.

Inizia con questo post sulla competenza più critica ed al tempo stesso poco dibattuta, il mio blog sulla professione del call center: la comunicazione telefonica.

Tenterò di fornire - con una certa periodicità - approfondimenti tematici su questo vastissimo tema di cui tutti pensiamo di avere cognizione, ma che spesso invece è, come dire, sottovalutato.

Mi occupo da diversi anni di formazione e di gestione dei processi di knowledge management in questo comparto per uno dei più grandi call center di Customer Care d’Europa, e vi assicuro che, un po’ come per il CT della nazionale, in Italia, ci sentiamo un po’ tutti esperti di formazione e di sviluppo dei call center.

Non passa giorno che non incontri colleghi e amici che hanno un solo desiderio: dirmi come si dovrebbe fare, secondo loro, la formazione degli operatori. Grazie, ragazzi, ehm … è proprio vero che non si finisce mai d’imparare.

In questo spazio io, però, dirò la mia, ed inviterò altri qualificati professionisti del settore a dire la loro, sugli argomenti che gravitano nell’intorno di questo mondo fondato su tre dimensioni:

  1. Processi,
  2. Tecnologie a supporto sia del CRM (Customer Relationship Management) che dell’accoglienza e distribuzione delle chiamate entranti/uscenti
  3. Risorse Umane (la componente ovviamente, secondo me, più importante e sulla quale, principalmente - anche se non esclusivamente, essendo queste aspetti molto integati tra loro (e guai se così non fosse) - questo blog si focalizzerà).

Cercherò di farlo sforzandomi di usare un linguaggio semplice, da blog, ma di andare, nello stesso tempo, a fondo nei problemi critici di questa professione, ed in questo viaggio, che inizia con l’inizio del 2006, mi farò aiutare da tutti quanti si occupano di questa funzione ed avranno voglia di collaborare.

Personalmente ritengo che occuparsi di formazione e di knowledge management nei call e contact center sia un lavoro molto difficile e complesso, che deve armonizzare esigenze assai diverse e confliggenti tra loro, avremo modo di capirne insieme i motivi, e che è necessario, in generale, innalzare i livelli di attenzione su questo nevralgico quanto strategico aspetto (un call center che non fornisce risposte competenti è, non solo a parer mio, un ossimoro), partendo proprio della core competence di tutti i call center eccellenti: la comunicazione telefonica che deve essere sempre al centro delle strategie di education & development di questa funzione.

Buona lettura.

Roberto Bernabò

Noi tutti oggi pensiamo di sapere usare il telefono. Uno immagina che questa pratica sia ormai una cosa molto semplice persino per un bambino. Se voglio chiamare qualcuno alzo il ricevitore, compongo il numero desiderato e attendo che il chiamato risponda. Con l’avvento della telefonia cellulare basta cercare nella rubrica. E per rispondere è sufficiente ormai schiacciare un tasto qualsiasi.

Quindi è vero. Telefonare è facile.

Aggiungo, anzi, che è diventato sempre più semplice, anche da casa, grazie alle ultime generazioni di telefoni cordelss, sempre più simili ai cellulari, e sempre più ricchi di commodity (es. fotocamera, SMS e, addirittura, videocamera).

Ma comunicare al telefono è altrettanto semplice?

Io continuo a ritenere di no.

Continuo a credere, al contrario, che sia, ancora oggi, una cosa difficile. La relazione telefonica costituisce, infatti, a guardarla bene, una situazione molto particolare, la cui complessità ha sollecitato e sollecita tutt’ora, indagini ed interpretazioni socio-psicologiche in tutto il mondo, anche senza arrivare a scomodare la celeberrima scuola di Palo Alto. Comunicare al telefono, ad esempio, intensifica il senso di responsabilità, tanto che, in alcuni casi, ci risulta persino difficile dichiarare il nostro nome. Quasi sempre rispondiamo con un semplice “pronto” piuttosto che “casa Rossi, con chi parlo?”.

1) La base del CRM: la relazione tra cliente e azienda

Molto spesso, peraltro, la via più semplice e più corta che congiunge un cliente ad un’azienda è, ancora oggi, nonostante l’avvento delle nuove tecnologie, costituita dal telefono, uno strumento che può diventare molto potente, immediato, ripetibile, flessibile, ma, soprattutto, ancora molto efficace in un mondo dove una telefonata ha sempre la precedenza. Chi non risponde quando il suo telefono squilla? Ma, a pensarci bene, la COMUNICAZIONE TELEFONICA è una comunicazione esclusivamente orale che presenta dei punti deboli specifici che è necessario compensare in qualche modo. Proprio perché il telefono rappresenta ancora il mezzo più diffuso di comunicazione tra cliente e azienda, l’attenzione alle modalità con cui possono essere ricevuti e trasmessi i messaggi deve essere massima per non rovinare l’immagine aziendale.

Sembra una considerazione banale, abusata e logora, si … l’immagine, ma dai.

Me è proprio così?

No. Non è affatto così.

L’immagine, al contrario, è un valore sempre meno intangibile.

La società dei consumi punta sempre di più sul brand, sul marchio. La riconoscibilità e la reputazione di un’azienda sono ormai, indissolubilmente, legate a questo elemento. E’ l’immagine di certi marchi a condizionare, ogni giorno, nel mondo, milioni di consumatori nella scelta di acquisto di un prodotto piuttosto che un altro che, magari, ha le medesime caratteristiche intrinseche in termini di qualità. Insomma l’immagine è un asset intangibile, ma sul quale ormai si gioca la valutazione di un titolo in borsa.

2) I vantaggi di una buona comunicazione telefonica

Sviluppare, quindi, nei call e contact center (spieghermo in futuro la differenza), un’eccellente comunicazione telefonica consente di entrare in sintonia con il cliente ed aumentare la fluidità del contatto attraverso la buona impressione che ogni agente saprà dare di se, nei primi 20 secondi di ogni telefonata.

Adeguando e calibrando, gradualmente, il proprio stile di comunicazione a quello di ogni cliente, ad esempio, ogni operatore, potrà sviluppare un rapporto favorevole al buon esito di ogni comunicazione.

Conquistando conseguentemente la fiducia del proprio interlocutore.

La fiducia, a guardarla bene, è il primo, ed il più importante passo, verso l’eccellenza del call center e verso la fedeltà del consumatore.

Ma conquistare una buona immagine al telefono non è facile.

Richiede tempo.

Applicazione. A conquistarla.

A perderla, invece, possono bastare pochi secondi !! aaagggghhhhh!!!

In compenso mantenere una buona immagine, una volta conquistata, non è difficile. È solo una questione di volontà e d’allenamento (coaching), un concetto a me caro, sul quale torneremo con spunti e pratiche metodologiche sulla frontiera!

3) Cliente e Call Center: due universi molto diversi - ma che devono incontrarsi

Le relazioni telefoniche che si sviluppano tra il cliente ed un call center nascono, a guardarle bene, da due universi molto diversi tra loro.

Da un lato il CLIENTE.

Con le sue esigenze, i suoi bisogni latenti non ancora soddisfatti appieno (altrimenti se no perché chiamerebbe?), quelli che spesso, cioè, si celano dietro le sue richieste, con le sue idee spesso preconcette sull’azienda, sul call center, di cui, alle volte, pare solo che voglia testare la competenza, e lo stile di gestione dei propri clienti.

In parte è proprio così, in un mercato sempre più informato e sempre più in grado di comparare i livelli di servizio erogati dai diversi call center, e, quindi, sempre più esigente.

Dall’altra l’OPERATORE DEL CALL CENTER.

La voce dell’azienda e la sua personificazione, una professionista che lavora con la consapevolezza di ciò che rappresenta.

Un personaggio, a dire il vero, quasi mitologico, per metà uomo e per metà telefono, anzi cuffia, che deve attenersi ad indicazioni precise relativamente ai tempi medi di conversazione, che deve rispettare delle procedure precise, che ha margini di autonomia molto ben definiti. E che, va detto, deve rispondere anche fino a 15 telefonate in un ora di lavoro.

Anche se non andrebbe mai dimenticato che questi mondi devono vivere in armonia ad ogni contatto. O, almeno dovrebbero ;-)

4) La mancanza del rapporto visivo

A causa della mancanza del rapporto visivo, e delle altre diverse ed ulteriori minori possibilità di percezione che da tale carenza conseguono, la COMUNICAZIONE TELFONICA è un tipo di comunicazione che si complica in molteplici DIFFICOLTA’.

Questa peculiarità deve fare riflettere sulla necessità di adeguare sempre il nostro stile comunicativo quando parliamo al telefono.

COMUNICARE AL TELEFONO, in effetti, forma un vero e proprio tessuto relazionale.

Attraverso la nostra voce, la sua intonazione, la sua calibratura, le scelte appropriate (o no) dei vocaboli e dei silenzi, noi emettiamo una incredibile varietà di segnali, differenti, spesso senza che ce ne rendiamo conto.

A meno che.

A meno che non aumentiamo, ogni giorno un po’ di più, la consapevolezza di queste peculiarità.

5) La comunicazione telefonica: semplice, rapida, snella

COMUNICARE AL TELEFONO crea un rapporto rapido, che richiede spesso decisioni immediate e che lascia, di norma, poco tempo per riflettere, ed in ogni caso, sempre meno di quello che abbiamo, in genere, a disposizione in una comunicazione faccia a faccia.

E una relazione semplice, che necessita quindi di un vocabolario d’immediata comprensione, non appesantito da sintassi tortuose e da inutili lungaggini, ma, al contrario, costituito da un linguaggio concreto, per sua natura privo di riferimenti a concetti astratti e che deve essere costantemente supportato dal ricorso a metafore ed analogie. Es.: “Le costerà pochissimo, signora, meno di un caffé.”

Un vocabolario ricercato, per avere sicuramente effetto, deve essere sostenuto dalle altre componenti della comunicazione umana, quelle non verbali, che sono molto limitate nella comunicazione telefonica. Ecco perché è opportuno evitare giochi di parole che rischiano, in questo tipo di relazione, di non essere compresi appieno, o, peggio, di essere equivocati.

E i clienti?

Sempre stati esigenti cliccate qui se non ci credete.

Nel prossimo articolo svilupperemo meglio:

Il cliente non ci può vedere: strategie di ascolto attivo e di comunicazione.

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