Il mondo cambia (Brexit e Sovranismo)


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Il mondo cambia.

Registro un significativo aumento del desiderio di separazioni e non più di unioni.

Un ritorno ad un’atavica voglia di riaffermare le proprie identità.

Il proprio spirito d’indipendenza.

Dobbiamo però chiederci quali siano le cause di tutto ciò.

Non possiamo e non dobbiamo limitarci a giudicare gli effetti.

Tutto è in continuo divenire.

Mi sembra che questo avvento del populismo abbia matrici molto diverse tra loro.

Il Primo Ministro Boris Johnson

Boris Johnson, ad esempio, è un uomo molto colto, che ha studiato nei migliori atenei del pianeta.

E che ha interessi culturali molto raffinati.

In Italia non abbiamo figure altrettanto erudite, a capo dei partiti sovranisti e populisti. Anzi.

E che dire di Donald Trump?

Però, allo stesso tempo, credo che il modo di rapportarsi all’elettorato abbia delle affinità. Delle similitudini.

Il populismo, ed il bisogno di uomo forte al comando (quanto meno in apparenza), rappresentano entrambi, un po’ l’epitome del nostro tempo, fatto di linguaggi forse eccessivamente semplificati, ma che arrivano alla pancia delle persone, della gente.

Tanto di un popolo raffinato, colto, e democratico, come quello inglese, quanto a quello più rurale, soprattutto di alcuni Stati degli USA, fino al nostro popolo italiano, probabilmente per troppo tempo governato da elite sempre meno raffinate, e sempre meno oneste.

Aggiungo che non credo al paradigma che la gente si lasci abbindolare facilmente.

C’è qualcosa di più.

La paura probabilmente, ad esempio.

Paura dell’altro. Dell’estraneo. Del troppo diverso da me, dal quale mi devo difendere.

L’idea che l’equazione:

sovranismo + uomo forte = protezione,

funzioni alla grande.

E che la roccaforte, il muro di cinta, lo sbarramento del confine, siano degli argini allegorici, nei quali rifugiare l’ansia che la globalizzazione ha contribuito a creare.

Alcune ulteriori riflessioni

Paradossalmente le nuove generazioni, proprio grazie ad internet, hanno a disposizione una quantità tendenzialmente infinita di conoscenza, rispetto alle precedenti.

Forse il problema non è, pertanto, l’impoverimento culturale tout court, che in molti additano come causa madre del populismo, quanto l’eccessiva facilità di accesso alla conoscenza.

Le generazioni precedenti dovevano sforzarsi di più.

Nulla era disponibile in formato digitale, semplicemente perché tale formato non esisteva.

Gli studenti erano costretti ad accedere ai materiali enciclopedici cartacei editati in brossura, o a casa loro, o, addirittura, recandosi nelle biblioteche.

Ma tutto ciò creava una sorta di ecologia dell’apprendimento.

Perché erano necesari dei percorsi di acculturamento reale, in quanto, per riassumere i concetti, gli studenti dovevano prima assimilarli.

Oggi, con il celeberrimo “copia e incolla”, essi possono creare contenuti patchwork, senza più prima sforzarsi, però, nell’operazione di un’effettiva e profonda interiorizzazione della materia, che, solo essa, abilita un conseguente adeguato livello di apprendimento delle conoscenze.

Il Social Digital Learning

Di diverso dal passato c’è anche un altro aspetto.

La minore dimensione sociale di prossimità del rapporto con i nodi delle conoscenze.

Nell’universo analogico era necessario, ed inevitabile, relazionarsi direttamente con i docenti, e con i compagni di studio.

Oggi, invece, c’è un uso, ma soprattutto un abuso, delle forme digitali di socializzazione.

I Social Network in primis, sempre più affiancati ed integrati in strumenti d’instant messaging, tipo WhatsApp, stanno sempre di più incidendo sull’evoluzione del linguaggio, che si trasforma anche in ragione delle nuove funzionalità, e delle conseguenti “tendenze” che le stesse generano.

Si pensi, ad esempio, al recente fenomeno dei cosiddetti “vocali“.

Anche le Università si stanno digitalizzando, ad ulteriore sostegno di questa prospettiva, che sicuramente crea delle economie di scala per gli atenei.

La risultante di questi cambiamenti è la famosa semplificazione, probabilmente eccessiva, del linguaggio.

Non voglio, ed in alcun modo, con questo, affermare che tali nuove pratiche siano necessariamente un effettivo problema, in quanto sconfesserei gran parte di tutto quello che nella mia vita professionale ho cercato di realizzare.

Ma è nel contempo innegabile che un certo modo di utilizzarle, soprattutto nella comunicazione politica, aiutino, e favoriscano il populismo.

Quello che mi ha colpito, ad esempio, di Boris Johnson, è proprio il fatto che, a differenza dei leader politici nostrani, che spesso non hanno nemmeno una laurea, è che lui, invece, si è laureato ad Oxford con una tesi in Storia Antica, e che, come sindaco di Londra, ha messo in campo azioni molto illuminate.

Concludo dicendo che i libri non sono scomparsi, e che, anzi, a quelli in brossura, che conservano intatte sia la loro destinazione d’uso, e sia il fascino della loro intramontabile ergonomicità, si sono affiancati quelli in formato digitale, gli ormai celeberrimi ebook, consultabili con i device elettronici come Kindle o Kobo, e le relative app per smartphone e tablet.

Forse - e sottolineo forse, perché la situazione è significativamente eterogenea sul territorio - bisognerebbe intervenire con dei programmi formativi, non tanto verso gli studenti, quanto verso il corpo docente, per metterlo maggiormente in grado di gestire, con la stessa efficacia del passato, questa nuova fase di transizione, tra universo analogico ed universo digitale.

Alexa di Amazon e Google Assistant, ad esempio, sono già, oggi, in grado di leggere i libri digitali, e questo potrebbe aprire e delineare nuove opportunità di apprendimento, che potrebbero, a loro volta, rimettere nuovamente tutto in discussione.

Se non quella umana, sarà magari l’intelligenza artificiale, a rilanciare una nuova era di sviluppo della cultura, e della centralità della conoscenza, come elemento indispensabile della società contemporanea.

#brexit #sovranismo #populismo #digitalknowledge

Chi è l'autore del post

Roberto Bernabò
Roberto Bernabò
Roberto Bernabò, napoletano, formazione umanista, naturalizzato a Roma, appassionato di web, esperto di siti WordPress e cineblogger.
È editore di internet dal 2004. Scrive di Knowledge Management, Social Enterprise ed analisi di film.
Il suo lavoro ha a che fare con la Customer Experience.